Meditazione e contemplazione sono le sole attività che ci rendono pienamente umani e che ci competono.In meditazione, pensiamo come pensano le montagne, gli alberi, gli animali, le stelle, i fiumi… Ciò che ci rende più umani ci porta all’unisono con il cosmo, che è una ininterrotta meditazione, una sola mente che respira e vigila in ogni essere. Siamo allora pienamente umani, coscienza e contemplazione. Ciò che ci rende più vicini a noi stessi ci rende partecipi del tutto. Realizzare questo Sè è il solo scopo della vita.
Questa coscienza universale che sente, pensa e respira con la vita di tutti gli esseri, è come una foresta che pensa attraverso le innumerevoli radici, ramificazioni e foglie degli alberi, che regola la vita e la diversità degli animali, e produce le sue piogge, il suo clima, e nutre il suolo da cui trae nutrimento e forma ogni essere che la abita e che a essa contribuisce. Questa mente e potenza è Shiva. Simile a una foresta è il nostro corpo e i suoi canali. Simile è il cielo in cui ruotano ordinati gli astri e le costellazioni.
Meditare è unirsi a ciò che è Uno, il supremo Sé che medita ogni cosa.
Spanda Karika è un testo che deriva dagli Shiva Sutra, di cui rappresenta una prosecuzione e un approfondimento operativo, che indaga come la Coscienza possieda il potere creativo che è proprio della divinità e come questo si manifesti in tutta la creazione, contenendola in sé: i fenomeni naturali, le esperienze soggettive, i fenomeni della percezione e dello spirito, indistintamente. Gli Shiva Sutra si svolgono attraverso l’elaborazione di un elevatissimo pensiero sviluppato in tre passaggi logici: “Il Sè è coscienza” – “Il Mantra è Coscienza” – “La mente è il Mantra”. Queste tre espressioni che siglano i versi di apertura dei tre capitoli degli Sutra, formano un sillogismo filosofico che istruisce il tantrico, lo Yogi impegnato a sviluppare gli insegnamenti dettati da Shiva, a indagare il funzionamento profondo della mente, come espressione del cosmo e della creazione, in sé.
Lo Spanda Karika è l’indagine operativa sulla coscienza. Il verso iniziale, che non vuole affatto essere metaforico, descrive un principio universale che crea il mondo “aprendo e chiudendo gli occhi”, mentre è immerso nella potenza generativa del Mantra. La realtà di cui sta parlando, la sola realtà che accade all’aprirsi e chiudersi degli occhi, è la fenomenologia della coscienza. La realtà che sperimentiamo è costruita dall’aprirsi e chiudersi della percezione, mentre il suo operare come coscienza è informato dal Mantra espresso dal suo linguaggio, che interpreta il suono dell’io sono.
Dunque, è detto, tutto ciò che cade sotto il dominio della coscienza è tutto ciò che è, ed è tutto ciò che è dato sapere, quindi la coscienza è il luogo di origine e di manifestazione del cosmo intero, come stabilito dagli Shiva Sutra, e quindi il campo di indagine dello Yoga.
Escludendo uno sterile solipsismo, si intende che per ogni organismo, per ogni essere che abita il mondo, la coscienza è l’inizio, la fine e la sostanza della sua esperienza di essere, del mondo e del Sè. Non rappresenta un singolo pensatore, separato e distante che proietta il mondo, ma un mondo che coralmente abita l’espansione circolare di una coscienza creatrice e parlante, che elabora segni, segnali e significati, nutrendo la rete infinita delle sue espressioni particolari. Comprendere questa Pulsazione (Spanda) che vibra, sente e risponde in tutti i viventi e attraverso tutti i linguaggi verbali e non verbali, è la visione del mistico che superando la barriera della sua identificazione con un particolare linguaggio e sistema, riconosce lo Spanda, la potenza creatrice all’origine delle singolarità soggettive e biologiche. E meditando questa visione universale incontra il Signore Supremo, che è la Persona il cui corpo è tutti i corpi, il cui volto è tutti i volti: Bhairava, Shiva.
La Natura, i sistemi viventi, la mente, le interazioni tra viventi, le relazioni tra sistemi e linguaggi sono prodotti di un doppio funzionamento, che la tradizione tantrica descrive come Apertura (Unmesa) e Chiusura (Nimesa) “degli occhi” con cui la realtà, l’esperienza, la conoscenza possono esprimersi in forma, nomi, relazioni, coscienza di sé.
La coscienza di sé, perciò, si riconosce nella Vibrazione costante di queste due funzioni, simultanee e interdipendenti, che manifestano la vitalità della coscienza, la sua creatività inesauribile e il suo onnipotente autoperpetuarsi… Il Tantra chiama Spanda, che traduciamo come pulsazione o vibrazione, questa continua interazione, che avviene tutta all’interno della coscienza, disseminata come Bindu, seme divino, nelle forme e nella vita di tutti gli esseri. Il tantrico dello Spanda è un mistico della Natura. Nulla, comprende il mistico, può esistere o accadere al di fuori del pulsare della coscienza che instancabilmente si apre nel mondo e che, come chiarisce lo studio della mente, riceve da esso la retroazione che ricostruisce all’interno la realtà captata dei sensi, così da organizzarsi e mantenersi in vita, evolvere, ampliare la propria competenza del mondo e elevare infine la coscienza di sé.
Dunque, l’illusione che la coscienza sia pensiero “delle realtà oggettive”, e la mente un ricettore passivo di queste, è propriamente la Maya che svanisce, ogni forma di coscienza e di pensiero lavora all’interno, nel proprio sé-coscienza, dove forgia strumenti, competenze ed esperienze che alla propria espressione sono congrue e funzionali; la vita e la coscienza sono un unico momento che manifesta, illumina, nomina e organizza autonomamente tutta la propria realtà.
«Per quanto sorprendente, tutto questo non dovrebbe essere tuttavia una sorpresa, perché “lì fuori” non ci sono né luce né colore, ma solo onde elettromagnetiche; “lì fuori” non ci sono né suono né musica, ma solo variazioni periodiche della pressione dell’aria; “lì fuori” non ci sono né caldo né freddo, ma solo molecole in movimento dotate di maggiore o minore energia cinetica, e così via. Infine, sicuramente, “lì fuori” non c’è dolore.» Ernst von Glasersfeld, filosofo del costruttivismo.
Quando la coscienza afferra gli oggetti esterni, saremmo portati a pensare che si “apra”, per elaborare poi, all’interno, un processo non conoscibile, chiuso. Invece, simultaneamente, proprio quando la coscienza “vede”, sta creando, o immaginando, la realtà al proprio interno, in una scatola “chiusa” che rappresenta al proprio interno gli stimoli esterni e li qualifica in relazione gli uni con gli altri. In questo modo, la mente crea una realtà unica, coerente e prevedibile, con cui si rapporta: questa realtà esiste solo come fenomeno interno della coscienza. Tutta la realtà che conosciamo viene letteralmente costruita all’interno della mente, in base alle nostre possibilità conoscitive, la mente perciò opera, crea, conserva la nostra esperienza del mondo e di noi stessi. Quando invece l’organismo interagisce con l’ambiente, sta esponendo se stesso a una pioggia di stimoli e di messaggi, che possono essere captati solo selettivamente, mentre una vasta gamma di altrettanti stimoli cadrà nell’oblio perché non riconoscibile dal sistema interno: la conoscenza particolare, dicevano gli Shiva Sutra, è limitazione. Dunque all’esterno la coscienza si presenta chiusa, la sue relazioni limitate alla gamma di “frequenze” che sono proprie, specificamente, a quel soggetto, quell’organismo, quel linguaggio o gamma di segnali. Altrimenti, la possibilità di riconoscere e organizzare il “mondo” andrebbe in crisi, mettendo in serio pericolo la sua sopravvivenza. Dunque, “aperto e chiuso” non sono un semplice sistema binario, alternato. Sono processi simultanei e interdipendenti, accoppiati uno nell’altro a creare la circolarità della coscienza, l’unità dell’esperienza. Nell’apertura Spanda si chiude e nella chiusura si apre: questo meccanismo invertito e paradossale apre a molteplici esperienze di meditazione.
Nella Natura profonda, Shiva è il Bindu che esprime questa vitalità autonoma, e abita la coscienza in ogni singolo essere, in ogni forma, in una rete di informazioni e retroazioni costante, pulsante, viva, universale. Così il microcosmo e il macrocosmo si osservano uguali, sistemi autopoietici, creativi, autocoscienti, che mantengono il proprio equilibrio attraverso la costante pulsazione della coscienza. Nulla perciò può dirsi altro che espressione della Coscienza, e la Coscienza, ovunque si trovi, contiene l’origine di questa attività, il Bindu, il seme, il luogo oltre lo spazio il tempo e le determinazioni successive della biologia, della morfologia e del linguaggio, da cui questa potenza generatrice sprigiona. Il mistico perciò osserva questa pulsazione creare la realtà e strutturarsi, attraverso il linguaggio e le sue stratificazioni, verbali, preverbali e non verbali, nelle emozioni e nello sviluppo delle intenzioni, nelle operazioni cognitive, riconosciute nel Tantra come altrettante ipostasi della Potenza che è capace di dare forma ai corpi, strumenti complessi di questa attività cognitiva, alle attività dei sensi, calibrate sui segnali che devono intercettare correttamente, e all’organizzazione della mente che deve interpretarli e rispondere. La stessa esperienza di sé, come io empirico, è prodotta dall’attività della psiche, in base alle informazioni e le retroazioni, con enormi ricadute sulla salute e sul comportamento dell’individuo. Quando questo processo è svelato, lo Spanda – la dinamica di fondo della vita – si riconosce come espressione tangibile e continua del vero Sé, che è possibile intuire e sperimentare al centro, in sospensione, immobile e vibrante, all’origine del susseguirsi delle due funzioni. Shiva, l’assoluto, non è dentro e non è fuori dalla coscienza, è la Coscienza stessa, di cui lo Spanda è l’espressione visibile, il qui e ora, la presenza, la vitalità creatrice e luminosa, la sua costante manifestazione, espressione e potenza.
Tutto il progetto dello Spanda Karika si può comprendere, per noi contemporanei, alla luce delle scienze cognitive, come è stato fatto brevemente in questo articolo, riconoscendo la sua portata senza alcun errore, e liberando questo importante studio primordiale sulla coscienza dal cascame delle letture allegoriche e mistificatorie. Dove le scienze cognitive arretrano, invece, al limite ultimo del pensiero razionale, sulla natura propria della Coscienza, gli Yogi saltano la linea di confine, perché con la meditazione imparano a restare nel vuoto e riconoscono il Signore, lo sperimentano direttamente, lo incarnano, lo abitano in ogni frammento dell’esperienza, dalla più elevante alla più infima. La Natura non scompare, non è mero strumento di indagine, non servono complicate simulazioni, non c’è alcun primato della tecnica umana. La meditazione, al contrario della cibernetica che è il frutto delle scienze cognitive, non è un simulacro senza vita del meccanismo, ma il cuore della vita stessa. Tutto abita lo stesso essere, lo stesso corpo, la stessa mente, potenza, energia.
“Così Bhairava, la Luce, è autoevidente (svatahsiddha); senza principio, egli è la prima e l’ultima di tutte le cose, l’Eterno Presente. Cos’altro può dunque essere detto di Lui? Egli illumina lo svolgersi delle categorie dell’esistenza (tattva) e della creazione, che sono l’espansione del suo proprio Sè, luminoso della sua stessa Luce, in identità con Se stesso; e siccome Egli illumina Se stesso, in questo modo Egli riflette anche sulla Sua stessa natura, senza che la Sua meraviglia venga in alcun modo diminuita” (Abhinavagupta)
29 aprile – 1 maggio 2023
Ritiro di meditazione. La via dell’intuizione nei Tantra. Seminari con Udai Nath. Il 29 aprile sarà dedicato all’approfondimento dello Spanda Karika. Il 30 e 1 maggio entreremo nella intensa esperienza del Vijnana Bhairava. Tre giorni full time di pratica, satsang e filosofia.